giovedì 27 dicembre 2007

Articolo dal sito di Antonio di Pietro

27 Dicembre 2007 Grazia o giustizia? Il Presidente della Repubblica ha ricevuto una domanda di grazia da Giuseppe Lipera, avvocato di Bruno Contrada, ex dirigente del Sisde condannato in via definitiva per dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La domanda è motivata dalle condizioni di salute di Contrada. Una richiesta sbagliata nel merito, come lo stesso Capo dello Stato ha tenuto a sottolineare spiegando che: “Qualsiasi provvedimento in materia di differimento della pena, basato sulla gravità delle condizioni di salute dei condannati che stiano scontandola in carcere, è com'è noto di esclusiva competenza della Magistratura di sorveglianza”. Bruno Contrada ha scontato sino ad ora solo sette mesi di carcere a Santa Maria Capua Vetere, accertato che la grazia e le condizioni di salute sono due cose ben diverse, se la magistratura competente lo riterrà potranno essere prese le misure necessarie per un eventuale ricovero di Contrada. La grazia per un funzionario dello Stato condannato per attività mafiose non può essere “un atto dovuto” come sostenuto dal ministro della Giustizia, non esistono i presupposti, né il pentimento che non è avvenuto, né una collaborazione con la magistratura, che non c’è stata. Le sentenze vanno rispettate e l’età di Contrada non è una giustificazione necessaria per farlo passare da vittima. Se i familiari vogliono possono chiedere il riesame del processo, la grazia non può essere una scorciatoia per sfuggire a una condanna per associazione mafiosa.

sabato 20 ottobre 2007

Internet deve restare libero.

Cari amici/amiche, Come ho già detto, tramite le parole di Beppe Grillo, è stato consegnato alla Camera un d.l. del governo per sottoporre a registrazione (una sorta di controllo) tutti i blog e siti, de facto assimilandoli a case editrici. questo, a mio parere è anticostituzionale, in quanto l'articolo 21 della costituzione espressamente dispone:

Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Mi sembra chiaro che le parole del primo comma: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure", vogliano evitare di sottoporre a gravami burocratici la libertà d'informazione, in quanto qui si parla di individui, non solo di persone giuridiche.

Per bloccare tale proposta, sicuramente di derivazione non democratica, ma che ricorda molto le restrizioni imposte sotto il fascismo alla stampa, vi invito a firmare una petizione on-line (vedete la potenza di internet??), al sito http://firmiamo.it/salviamointernet.

Cordiali saluti a tutti da un uomo ancora libero.

La legge Levi-Prodi e la fine della Rete (articolo da www.beppegrillo.it)

Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo. La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro. I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video. L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete. Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog? La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile. Il 99% chiuderebbe. Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura. Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”. Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili. Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia. Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.